Travi 1966

 

L’amico Gabriele Carolè, direttore dell’Ateneo della Chitarra, aveva avuto modo di vedere il mio restauro di uno strumento del liutaio Erminio Travi, zio e primo maestro del più celebrato Carlo Raspagni e mi aveva proposto di farmi carico del restauro di una sua vecchia chitarra costruita dallo stesso Travi e sulla quale aveva iniziato a studiare da adolescente.

Alla fine dell’anno scolastico 2020/21, caratterizzato dai problemi della pandemia e della didattica a distanza, abbiamo avuto modo di incontrarci e ho potuto visionare lo strumento; si tratta di una chitarra costruita nel 1966, in un periodo di forte richiesta da parte di un pubblico giovane, entusiasta della nuova musica proveniente da oltre Manica e oltre Oceano e desideroso di cimentarsi creando nuovi gruppi.

Il maestro Erminio Travi era in grado di produrre strumenti raffinatissimi, con decorazioni elaborate, utilizzando essenze pregiate e facendo ampio uso di madreperla con risultati esteticamente straordinari; lo strumento che avevo restaurato tempo addietro ne è la chiara testimonianza.

La chitarra di Gabriele è invece uno strumento di tipo economico, costruito con materiali comuni, ad eccezione ovviamente del piano armonico, il cosiddetto “motore” della chitarra, per il quale è stato scelto un abete pregiato con venatura regolare; per fasce e fondo è stato invece scelto un compensato impiallacciato e per il manico un anonimo legno chiaro, per quanto di buona durezza.

L’estrema semplicità di costruzione, volta a contenere il costo, è evidenziata da una rosetta scarna composta da tre filetti neri intervallati da due bianchi e dall’analoga filettatura del piano armonico, assente tra fasce e fondo, come del resto usava un tempo; anche la paletta, semplicemente arrotondata in testa, non presenta alcuna decorazione.

Le dimensioni sono leggermente inferiori agli standard della chitarra classica; il diapason è infatti di soli 620 mm. contro i normali 650/660 e le altre misure sono in proporzione: capotasto 46 mm., 12° tasto 56 mm., spessore 70 mm. al tallone e 85 allo zocchetto, lunghezza del piano armonico 460 mm. e larghezza 340 mm. per il lobo inferiore, 250 mm. per quello superiore e 205 mm. all’altezza della buca.

Il lavoro di restauro da compiere si è evidenziato nella riparazione della filettatura, scollata e parzialmente sbriciolata per una lunghezza di circa venti centimetri e nel riposizionamento del ponticello che, in seguito ad uno scollamento, era stato re-incollato sommariamente e con un’eccessiva quantità di collante; inoltre una robusta verniciatura con flatting a pennello, effettuata nel corso degli anni, ha reso necessaria la sverniciatura, la carteggiatura integrale dello strumento e la successiva lucidatura con gommalacca.

Ho dapprima provveduto a rimuovere il ponticello spruzzando acqua sulla colla e scaldando il legno bagnato con l’asciugacapelli; intanto inserivo la sottile lamina di una spatola sotto il ponticello e piano piano, nell’arco di un paio d’ore sono riuscito a staccare il tutto senza gravi danni; l’abbondanza di collante – che ho potuto constatare era stato applicato in tempi diversi – ha fatto sì che qualche fibra di legno si sia staccata del piano armonico e ciò ha reso necessaria una successiva opera di stuccatura.

Il ponticello era decisamente originale; innanzitutto aveva sulle alette due fori del diametro di cinque millimetri che corrispondevano ad eguali fori sul piano armonico, il cui scopo mi è rimasto ignoto, dato che erano vuoti; inoltre lo spessore di quasi due centimetri della torretta (contro gli otto/dieci millimetri della norma), aveva reso inutile l’osso del ponticello che infatti era annegato nell’apposito incavo senza sporgenza e ho dovuto rimuoverlo con acqua e calore.

Ho lasciato il ponticello in una bacinella d’acqua al sole per qualche ora al fine di sciogliere e rimuovere la colla residua e nel frattempo ho provveduto alla riparazione della filettatura inserendo filetti di piallaccio bianchi e neri spessi 0,6 mm. con un velo di colla alifatica, fino a raggiungere lo spessore dovuto.

Con un potente sverniciante e una successiva vigorosa azione di rasiera ho asportato lo spesso strato di flatting, per poi completare l’opera con una definitiva carteggiatura con carte abrasive di grana sempre più fine; il piano armonico è così ritornato grezzo con la venatura in bella evidenza e anche gran parte dei graffi e dei segni dovuti all’uso sono stati cancellati; anche il manico ha subito analoga carteggiatura a legno grezzo.

Fasce e fondo, dopo la sverniciatura, sono stati invece carteggiati con molta delicatezza per non rovinare l’impiallacciatura, che comunque è stata poi pennellata con un impregnante al mallo di noce per conferire una colorazione più calda e uniforme.

Il ponticello ha richiesto un ridimensionamento per ovviare allo spessore eccessivo della torretta e ho inoltre ritenuto di applicare una sottile base leggermente più larga per nascondere i piccoli danneggiamenti provocati dallo scollamento.

Sono rimasto sorpreso nello scoprire che nella parte interna il piano armonico è privo di raggiere; l’unico irrobustimento è costituito da due spesse catene sopra e sotto la buca; il maestro aveva evidentemente mantenuto uno spessore della tavola sufficiente a sopportare la tensione delle corde senza l’ausilio delle consuete raggiere; ho comunque ritenuto opportuno – al fine di ovviare all’indebolimento della parte dovuto allo scollamento traumatico del ponticello – piazzare in corrispondenza del ponticello stesso una sottile lastrina di abete leggermente più ampia che ho incollato in seguito insieme al ponticello con gli appositi quattro morsetti attraverso la buca; il ponticello e l’aggiunta lastrina sono stati uniti da due spinotti di legno attraverso i due fori esistenti.  

Dopo una finale carteggiatura con carta grana 600 ho lucidato lo strumento con diverse mani di gommalacca sempre più diluita fino al risultato finale; ho poi rimontato le meccaniche, debitamente ripulite e lubrificate e in seguito le corde Dogal Strong per sentire infine quella voce calda e morbida che era rimasta silenziosa per tanto tempo.