Federico Cavagna

 

Ho conosciuto Federico nel 2005, quando ho partecipato per la prima volta alla masterclass organizzata a Orvieto dall’Ateneo della Chitarra.

Aveva qualche anno in più di me ed era un tipo molto ciarliero; sedeva in cortile, davanti allo spartito di uno studio di Fernando Sor, imbracciava una chitarra e ne aveva un’altra al fianco, sul supporto; quando ho guardato all’interno della buca e ho chiesto chi fosse il liutaio Federico Cavagna di Vanzago, mi ha risposto con malcelato orgoglio: “sono io!”

Mi ha così raccontato di avere partecipato qualche anno addietro al corso “costruisci la tua chitarra classica” organizzato dalla Civica Scuola di Liuteria di Milano, di essersi appassionato all’arte liutaria e di avere trovato così un hobby da pensionato che gli dava grande soddisfazione, senza influire sulle sue finanze, anzi con un saldo positivo derivante dalla vendita di qualche strumento costruito. Infatti, nel corso della settimana ha venduto a un allievo una delle due chitarre che aveva portato a Orvieto.

Ci siamo frequentati abbastanza negli anni seguenti, soprattutto dopo il 2009, anno che ha visto il mio ingresso nel mondo della liuteria attiva, con numerosi scambi di pareri e informazioni su utensili e materiali. Poi è arrivata la malattia che, nonostante le cure e le altalenanti speranze di recupero, lo ha portato via nel gennaio del 2012.

Pochi mesi prima mi aveva chiesto di accompagnarlo da Rivolta, a Desio, per acquistare materiali per costruire un paio di chitarre e nell’occasione ho acquistato anch’io il legno che poi mi è servito per la numero 6 “Amira”; poi, sentendo che la fine si avvicinava, ha chiesto ai suoi due amici liutai e chitarristi più vicini, Umberto Raccis e me, di aiutare la moglie Maria Vittoria a liquidare la sua attività.

Umberto ha venduto i macchinari più ingombranti (pialla, bindella…) e io ho rilevato alcuni attrezzi da banco; ci siamo poi divisi i materiali non vendibili (legni, vernici, utensili); Maria Vittoria ha in tal modo avuto un utile e ha svuotato il box che Federico utilizzava come laboratorio.

C’erano anche alcuni strumenti in corso d’opera; a uno, che Federico aveva destinato ad un nipote, mancava solo la lucidatura finale e di questo si è occupato Umberto; altre due chitarre erano costruite a metà e un’altra ancora era uno dei primi strumenti prodotti da Federico del quale evidentemente non era soddisfatto, tanto che era parcheggiato – aperto – su uno scaffale in attesa di interventi radicali.

Umberto ed io ci siamo divisi gli strumenti da completare; oltre a quello solo da lucidare per il nipote, Umberto ha preso uno dei due nuovi in corso d’opera, mentre io ho preso il secondo e quello che Federico intendeva – forse – riportare a nuova vita.

La moglie Maria Vittoria mi ha chiesto di avere una delle due chitarre, una volta completate, dato che Federico aveva piazzato tutte quelle finite e lei non aveva nessun ricordo da tenere relativo all’ultimo hobby del suo povero marito.

Nell’estate del 2012 ho completato e riparato i due strumenti; uno è andato alla moglie e l’altro a un allievo dell’Ateneo.